Paolo Pietrini – La Spezia
1° classificato
La mia Lunigiana
Torno al paese dei miei morti
dalle mie ombre di ragazzo
e pochi vecchi fantasmi
viventi nelle case di pietra
del borgo abbandonato.
Non sapevano libri quei vecchi
trascinavano miseria e dignità
nelle selve curate di castagni,
filari di vigne agre, aridi campi
sulle rampe scoscese.
Torno in auto al paese dalla via
che era sentiero di lucide pietre,
erto e giallo di foglie rinsecchite
e ceppi sporgenti.
Ritrovo metati abbandonati,
stalle vuote sulle aie deserte,
cucine affumicate dove abitava
povertà ma cacciava la fame
il frutto generoso dei castagni,
mille usi e mille nomi strani,
farina dolce pressata nelle madie
all’assedio dell’inverno.
Ritrovo le mie ombre di ragazzo
tra castagni ormai inservatichiti,
le memorie del cuore tra lapidi
antiche sparse sulla nuda terra
nel cimitero dei miei morti dove
tanti loculi nuovi attendono
pochi vecchi fantasmi viventi
nel borgo abbandonato.
Il Castello diruto suona il silenzio
della Storia e già dall’altare tivù
marchesi, preti e fattori cantano
il nuovo Medioevo.
Carmen De Mola – Polignano a Mare – Bari
2° classificata
Farùk
Lo sguardo di spugna di Farùk
mi lava per pochi centesimi
pochi centimetri di coscienza.
Mi assolve a prezzo di realizzo
dal mio peccato originale:
essere nata e cresciuta
dove la lotta con le bilance
ha gli occhi grassi di un bambino
che butta il pane nell’immondizia.
Farùk officia il rito collettivo
della catarsi occidentale.
Anche stamani il dovere della solidarietà
liquida secoli di rimorsi
in pietà da quattro spiccioli.
Si sparge un clangore d’asfalto
Impazzito nell’ora di punta
e Farùk sacerdote compito
liba offerte di shampoo sui parabrezza.
E io intravedo appena
nei suoi occhi di cane randagio
defilati al verde dei semafori
la pena di un sorriso questuante
e drammi scialbati dalla lontananza.
Mi cerco in tasca un po’ di umanità:
una lacrima per i senza nome
e forse un sogno per i figli
senza giochi di Farùk.
Cristina Gallina – Padernello – Treviso
3° classificata
Senza tetto, senza parole
Il cielo è arato di rosa da un tocco divino,
i monti a poco a poco sfumano nell’ombra
sottraendosi allo sguardo nell’oscurità.
Spento il lume del giorno rimane il tuo sorriso,
sei tornata anche stasera.
Non parlo e in uno sguardo racchiudo i pensieri,
li dono a te che leggi anche il silenzio,
cha parli con il volto e senti la verità
con il cuore puro che batte nella luce.
Sorridi a me che il cielo ha diseredato,
a me che ho il sonno povero di sogni
e la felicità sepolta dai ricordi.
Non so più chi sono,
ma nel riflesso dei tuoi occhi vedo che esisto
e nel silenzio di una strada,
quando tutto è spento anche la speranza,
sento il mio volto ricambiare il tuo sorriso
e provo la meraviglia di sentirmi un tuo pensiero.
Vivo di quell’attimo e dell’attesa,
sfioro la tua mano per prendere il pane
e la tazza di tè ha il sapore di un sorriso…
Nel mio giaciglio di terra e stelle,
penso che saresti potuta essere mia figlia
e che forse domani ti rivedrò.